Introduzione
La questione di attribuire responsabilità e motivazioni precise agli Stati Uniti nel contesto del conflitto tra Russia e Ucraina è complessa e soggetta a molte interpretazioni. Alcuni osservatori propongono che gli Stati Uniti avessero interessi strategici nel contenimento della Russia e nel mantenimento dell’influenza occidentale in Ucraina e in Europa orientale in generale.
Ecco alcune ipotesi che sono state avanzate in letteratura:
- Espansione della NATO: Una delle principali preoccupazioni della Russia è stata l’espansione della NATO verso est. Gli Stati Uniti e i loro alleati potrebbero aver visto questa espansione come un modo per assicurarsi che l’influenza russa in Europa fosse contenuta.
- Sicurezza Energetica: L’Ucraina è un paese cruciale per il transito energetico tra Russia e Europa. Gli Stati Uniti potrebbero avere un interesse nel ridurre la dipendenza europea dal gas russo e favorire invece altre fonti, inclusa l’energia statunitense.
- Isolamento Geopolitico della Russia: Indebolire la Russia sul piano internazionale potrebbe servire a mantenere l’egemonia statunitense in una regione strategicamente importante. Creare difficoltà economiche e diplomatiche alla Russia potrebbe limitare la sua capacità di influenzare altre aree del mondo.
La geopolitica è un campo in cui le percezioni, la propaganda e le narrative ufficiali giocano un ruolo significativo nel modellare le opinioni pubbliche e internazionali.
L’oro nero dell’Ucraina
L’Ucraina ha ampie fasce di terreni agricoli tra i più fertili al mondo. Nota per il suo suolo ricco e nero, ha 41 milioni di ettari di terreni agricoli, di cui 33 milioni di ettari sono coltivabili, equivalenti a un terzo di tutti i terreni coltivabili nell’Unione Europea.
Per questo motivo l’Ucraina è spesso chiamata il “granaio d’Europa”. Il segreto della fertilità si chiama černozëm, un terreno nero ricco di humus che ricopre oltre il 65% della terra arabile del paese. Questo è un elemento economico strategico considerevole che alcuni analisti hanno considerato nei loro studi sul conflitto. Ecco come questo fattore meno considerato nelle comuni propagande, potrebbe inserirsi nelle dinamiche geopolitiche:
- Accesso e controllo delle risorse alimentari: L’Ucraina è un importante produttore ed esportatore di grano, mais e altri prodotti agricoli. Il controllo di queste risorse potrebbe offrire un vantaggio significativo in termini di sicurezza alimentare e economico per qualsiasi potenza interessata a influenzare o stabilire la propria influenza nell’area.
- Mercati agricoli: L’accesso ai mercati agricoli dell’Ucraina potrebbe essere visto come un’opportunità per dominare le catene di approvvigionamento globali, ridurre la rilevanza della Russia come fornitore o partner commerciale, e magari integrare meglio l’Ucraina nelle economie occidentali.
- Investimenti stranieri e proprietà terriera: Alcune preoccupazioni riguardano l’ingresso di grandi corporazioni agricole e chimiche occidentali, come Monsanto, Cargill e DuPont, che potrebbero cercare di acquisire terre o influenzare il settore agricolo ucraino.
Questi aspetti, relativi alla capacità agricola dell’Ucraina, si combinano con altri elementi strategici per fornire un quadro complesso delle motivazioni possibili dietro le azioni di diversi stati o entità nel contesto del conflitto. Come sempre, l’accesso al territorio e alle sue risorse è un fattore chiave nelle strategie internazionali di geopolitica.
La guerra ha messo in evidenza la dipendenza del mondo dall’Ucraina come esportatore chiave di cereali
La continua industrializzazione, finanziarizzazione e globalizzazione dell’agricoltura sono caratteristiche distintive dei sistemi alimentari transnazionali del ventunesimo secolo (Clapp; McMichael). Questi processi hanno accompagnato la transizione costante dall’agricoltura tradizionale alla produzione per l’agro-esportazione e hanno permesso alle multinazionali di esercitare un crescente potere monopolistico su intere filiere agroalimentari, minando altri modelli agricoli, in particolare l’agricoltura di sussistenza su piccola scala (Van der Ploe) e di conseguenza anche la nostra sicurezza alimentare.
Un ampio e diversificato insieme di voci ha rivisto criticamente questo ordine alimentare globale, richiamando l’attenzione sui crescenti costi ambientali, sociali ed economici del regime alimentare iperglobalizzato e dominato dalle multinazionali, e sottolineando i meriti di modelli alternativi di produzione alimentare (vedere ad esempio Edelman et al.; Rossetto; sulla sovranità alimentare come paradigma alternativo di sviluppo).
Frederick Buttel, nel suo lavoro “Sostenere l’insostenibile,” sostiene che l’agricoltura industriale moderna, pur essendo socio-economicamente insostenibile, ingiusta e ambientalmente instabile, mantiene un notevole potere di resistenza attraverso sussidi agricoli, dominio del mercato, accesso alla tecnologia, finanziamenti esterni e influenzando le regole del commercio globale.
Storia del granaio d’Europa
Il grano ucraino ha a lungo sfamato i lavoratori urbani affamati nelle città di tutta Europa (Nelson). Gran parte del grano dell’Impero russo proveniva, infatti, dal suolo di quella che oggi è l’Ucraina. Nel 1768, la zarina Caterina II inviò truppe imperiali per conquistare il territorio ucraino come parte del suo piano di espansione dei confini dell’Impero russo. Il fertile suolo ucraino e le rotte di trasporto consolidate, i “sentieri neri” (chorni shlyakhi), che attraversavano le pianure ucraine e collegavano i campi ai porti del Mar Nero, offrivano opportunità per esportare grandi quantità di grano dalle zone meridionali dell’Impero all’Europa attraverso il Mar Mediterraneo (Nelson).
Le prime riforme agrarie post-indipendenza dell’Ucraina miravano a distribuire la terra alla popolazione rurale, creando incentivi per l’agricoltura privata. Tuttavia, queste riforme inizialmente fallirono poiché altri fattori chiave della produzione (ad esempio capitale, macchinari, conoscenza) e le connessioni con i fornitori di input e i mercati vennero meno con la dissoluzione della struttura agricola collettiva. Inoltre, le istituzioni necessarie per supportare i mercati capitalistici, come lo stato di diritto, i sistemi catastali e l’assicurazione dei raccolti, erano assenti (Csaki e Lerman; Mamonova). Di conseguenza, la precedente struttura agricola collettiva rimase in gran parte in vigore e le aziende agricole ucraine faticarono ad adattarsi alle nuove condizioni di mercato durante il decennio post-sovietico. Le rese di produzione crollarono e gran parte della terra fertile rimase incolta (Lerman et al.). La produzione di mais, insieme a tutto il settore dei cereali, diminuì; le rese del mais furono eccezionalmente basse poiché input agricoli come semi ad alta resa, fertilizzanti sintetici ed erbicidi non erano più disponibili (Lerman et al.).
A partire dal 1999 e nei primi anni 2000, l’agricoltura ucraina ha iniziato a mostrare segni di ripresa e, per la prima volta nella recente storia ucraina, senza il coinvolgimento palese di uno stato imperiale, ha iniziato a prosperare. Nei primi decenni del ventunesimo secolo, i prezzi globali elevati dei prodotti alimentari hanno stimolato la domanda di attività rurali nella cintura cerealicola eurasiatica da parte di un’ampia gamma di investitori finanziari globali (Visser e Spoor). Le aziende agricole ucraine si sono integrate nei mercati finanziari e delle materie prime agricole.
Sebbene gli investitori stranieri e finanziari non potessero acquistare terreni agricoli a causa della moratoria del 2001 sulle vendite, riuscirono ad affittare terreni dai residenti rurali tramite contratti a lungo termine (Von Cramon-Taubadel, Demyanenko e Kuhn). Durante la maggior parte di questo periodo, il governo ucraino ha svolto un ruolo di osservatore passivo dell’afflusso di capitali stranieri. Tuttavia, la stabilizzazione delle condizioni macroeconomiche ha contribuito a rendere l’Ucraina un obiettivo attraente per gli investitori finanziari globali e tutti i governi successivi hanno visto l’afflusso di capitali come una tendenza benefica.
Il cambiamento più importante
Il cambiamento più importante nel quadro politico e legale per l’agricoltura ucraina è avvenuto di recente: a marzo 2020, la Verkhovna Rada ha modificato il codice fondiario firmato da Zelenky, preparando il terreno per una graduale transizione alla proprietà privata dei terreni tra il 2021 e il 2024. Questa modifica ha eliminato gradualmente la moratoria sulla vendita dei terreni in vigore dall’indipendenza ucraina (Verkhovna Rada), permettendo così anche agli azionisti stranieri e a persone giuridiche (società) di diventare proprietari terrieri a tutti gli effetti.
Le grandi aziende agricole verticalmente integrate, note come “agroholding”, avevano già ottenuto il controllo di quote crescenti di terreni agricoli ucraini per quasi due decenni prima di questo cambiamento legislativo, principalmente attraverso contratti di locazione a lungo termine (Mamonova). I finanziamenti, provenienti principalmente da gruppi oligarchici nazionali, collegamenti finanziari con aziende agricole russe e capitale straniero (Kuns e Visser), hanno facilitato questo processo. Nel corso di un decennio, le aziende agricole specializzate in monocolture orientate all’esportazione, come grano, mais e semi oleosi, hanno finito per dominare la filiera agricola in Ucraina, dalla fornitura di sementi ai macchinari e ai terminal di esportazione. Multinazionali dell’agrochimica-farmaceutica, come Monsanto/Bayer, Cargill e DuPont, hanno investito significativamente in Ucraina, portando con sé nuove tecnologie, tecniche di gestione e collegamenti ai mercati globali.
Nel frattempo, le rese del mais sono più che raddoppiate tra il 1991 e il 2021. Nel 1991 i produttori agricoli hanno raccolto circa 3,9 tonnellate metriche per ettaro, mentre nel 2021 le rese sono state di 7,8 tonnellate metriche per ettaro (Tabella 1). I guadagni in termini di resa sono il risultato dell’affidamento a sementi ibride ad alta tecnologia, dell’uso di altre tecnologie agricole e prodotti agrochimici all’avanguardia e degli investimenti in sistemi di irrigazione in difficoltà (Dankevych et al.; Matvienko e Sonko; Skydan e altri). Si stima che dal 5% al 30% del mais coltivato in Ucraina sia geneticamente modificato (Latifundist; Ukragroconsult). Sebbene la produzione e la distribuzione di semi OGM siano proibite in Ucraina, lo Stato fa poco per far rispettare il divieto di OGM (Grigorenko).
Entro il 2021, l’Ucraina era uno dei quattro maggiori esportatori mondiali di mais alla pari di USA, Brasile e Argentina, rappresentando il 16% delle esportazioni globali di mais. L’anno prima della guerra, le principali destinazioni delle esportazioni di mais dall’Ucraina erano: Cina (7.926 milioni di tonnellate; 32% delle esportazioni di mais), Spagna (2.466 milioni di tonnellate; 10%), Paesi Bassi (2.284 milioni di tonnellate; 9,3%), Egitto (2.144 milioni di tonnellate; 8,7%), Iran (2.023 milioni di tonnellate; 8,2%) e Turchia (1.024 milioni di tonnellate; 4,1%). Nel 2012, l’Ucraina ha firmato un accordo commerciale con la Cina per esportare mais nel paese per la prima volta con una scala crescente, poiché la Cina si è diversificata dalla sua dipendenza dal mais degli Stati Uniti (Reuters).
Moltissimi terreni in Ucraina non le appartengono più
La svendita delle risorse ucraine è iniziata prima degli eventi di Maidan, le manifestazioni che si sono tenute tra il 2013 e il 2014 in Ucraina in risposta alla decisione del governo di sospendere l’accordo di associazione con l’Unione Europea, favorendo legami più stretti con la Russia. Queste proteste, note come Euromaidan, portarono alla cacciata del presidente Viktor Yanukovych e segnarono un importante punto di svolta politico e sociale per l’Ucraina.
Nel 2013, la Xinjiang Production and Construction Corps cinese ha acquisito un terreno delle dimensioni del Belgio con un contratto di locazione di 99 anni, comprendente un’opzione di acquisto.Nel 2014, l’Ucraina ha stipulato accordi con Shell e Chevron, concedendo loro il diritto di estrarre gas di scisto nel Donbass per 50 anni, con possibilità di proroga.
I prestiti e l’assistenza occidentale all’Ucraina sono stati tutt’altro che gratuiti. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha condizionato il finanziamento al permesso di vendere terre ucraine agli stranieri. Di conseguenza, nel 2021, l’Ucraina ha avviato la riforma agraria eliminando la moratoria sulle vendite.
Numerosi articoli hanno riportato come i tre giganti americani, Cargill, Dupont e Monsanto, hanno acquisito il 40% delle terre coltivabili ucraine. Inoltre, secondo l’Università di Auckland, un ulteriore 28% di queste terre è ora controllato da oligarchi e aziende ucraine, in realtà appartenenti a NCH Capital negli Stati Uniti, AgroGeneration in Francia, ADM Germany, KWS, Bayer e BASF in Germania, e i fondi sauditi PIF e SALICO.
Tuttavia, nonostante queste affermazioni siano diffuse, verificare le cifre e le percentuali esatte di tali acquisizioni si rivela un compito estremamente arduo.
Una delle principali difficoltà nel determinare l’esatta proprietà delle terre è il ricorso a paradisi fiscali offshore e a complessi sistemi di proprietà terriera che offuscano la trasparenza delle registrazioni. L’opacità si intensifica ulteriormente poiché molte di queste aziende agricole sono registrate in paesi noti per la loro fiscalità agevolata e segretezza legale, come Cipro, Lussemburgo, Stati Uniti, Paesi Bassi e Arabia Saudita.
In tutti i casi, come sottolineano le ricerche, ampie porzioni del territorio ucraino risultano sotto il controllo di oligarchi locali e grandi aziende agricole straniere.
Le 10 aziende che controllano i terreni agricoli in Ucraina
Fonte: www.oaklandinstitute.org
Quasi il 30% dell’intero territorio ucraino è oggi di proprietà straniera. Fonti occidentali riportano che tra i beni controllati da BlackRock FMA in Ucraina vi sono titoli delle società minerarie e metallurgiche come Metinvest, oltre a Naftogaz, Ukrenergo e Ukroboronprom. Così, gli interessi stranieri hanno acquisito parti significative dell’Ucraina senza sparare un colpo, sacrificando centinaia di migliaia di giovani ucraini e riuscendo persino a presentarsi come salvatori.
Rischi potenziali
Possiamo osservare una serie di rischi associati alle tendenze descritte, nonché alla possibilità per le persone giuridiche e le persone fisiche di acquistare fino a 10.000 ettari di terreni agricoli a partire dal 1° gennaio 2024. Tali rischi sono i seguenti:
- I diritti degli acquirenti e dei venditori di terreni sono ancora indefiniti. La legge stabilisce i requisiti per il venditore, ma il quadro istituzionale dell’acquirente è illimitato, il che avrà un impatto sul prezzo e sulle condizioni della vendita [ 14 ]. Le aziende agricole di medie e piccole dimensioni indicano che la fase successiva dell’introduzione del mercato dei terreni agricoli dal 1° gennaio 2024 potrebbe portare a una concorrenza sleale nel mercato dei terreni agricoli [ 47 , 48 ]. In primo luogo, l’aumento del limite dal 1° gennaio 2024 per l’acquisto di 10.000 ettari da parte di un individuo/entità è considerato un rischio elevato. Le aziende agricole di medie e piccole dimensioni hanno un potere d’acquisto inferiore rispetto ai grandi produttori agricoli rappresentati in Ucraina dalle aziende agricole [ 47 , 48 ].
- Un’ulteriore concentrazione della proprietà terriera da parte di grandi produttori agricoli (i cosiddetti “agriholding”) porterà all’emergere di oligopoli di mercato o monopoli. Prima del 1° gennaio 2024, quando non era possibile che i terreni agricoli di superficie totale superiore a 10.000 ettari fossero di proprietà di un singolo individuo/entità, le aziende agricole operavano su terreni in affitto e le prime 117 aziende agricole in Ucraina coltivavano il 16% (o 6,45 milioni di ettari) dei terreni agricoli del paese [ 49 ]. Dal 1° gennaio 2024, sono state in grado di acquistare appezzamenti di terreni agricoli, il che porterà a cambiamenti nella struttura della proprietà privata: la proprietà privata da parte dei cittadini diminuirà, mentre la proprietà da parte di persone giuridiche aumenterà [ 50 ].
- Potrebbe verificarsi una distorsione nel prezzo dei terreni agricoli causata, in particolare, dalla fissazione direttiva del prezzo minimo al livello della valutazione normativa, insieme all’insensibilità del prezzo alle condizioni e alle circostanze della guerra. Ciò porterà a un ulteriore impoverimento dei residenti rurali, a una diminuzione dell’efficienza delle attività agricole degli agricoltori e al declino delle aree rurali.
Aumento della produzione di mais
I principali attori del boom del mais in Ucraina sono le grandi aziende agricole, insieme alle aziende transnazionali coinvolte nella fornitura di input, nel finanziamento della produzione rurale e nel commercio di materie prime.
Nella selezione dei semi di mais, le 10 maggiori aziende agricole coltivavano il 71% della superficie totale destinata alla coltivazione dei semi nel 2020 (30.237,5 ettari). Le prime tre aziende, Stasi Nasinnia (una joint venture ucraino-americana), Monsanto/Bayer (Germania) e Syngenta (Svizzera), controllano la quota maggiore del mercato dei semi. Una delle strutture più grandi e nuove di Monsanto è stata costruita a Zhytomyr nel 2018 (Bayer). Queste aziende di breeding vendono ai produttori di mais ucraini, ma gestiscono anche la propria produzione di mais su larga scala, orientata all’esportazione(Superagronom).
Anche le società transnazionali di commercio di cereali, come Toepfer, Cargill e Serna (Glencore), sono state fortemente coinvolte e hanno tratto profitto dalla globalizzazione del mais ucraino.
Gli studiosi ucraini sono critici nei confronti della concentrazione delle terre, e sostengono che essa esacerbi la stratificazione socio-economica e la disoccupazione nelle comunità rurali (Karpyshin), oltre a portare a una riduzione del paesaggio e della biodiversità (Maruniak et al.). Le preoccupazioni ambientali sono le più evidenti e ampiamente condivise. Mykhailo Kliuchevych osserva che le monocolture di mais e l’assenza di diversificazione spaziale delle colture possono portare a una “stanchezza del suolo”, causata dall’accumulo di agenti patogeni e parassiti specifici.
Una preoccupazione significativa relativa all’aumento della produzione di mais è la crescente dipendenza dai fertilizzanti inorganici. Mykola Kosolap, professore presso la National University of Life and Environmental Sciences dell’Ucraina, afferma che “molte aziende agricole stanno utilizzando sempre più fertilizzanti per migliorare le rese del mais invece di implementare schemi di irrigazione”. Questa tendenza è evidente nelle statistiche del governo ucraino: nel 2001 l’uso dei fertilizzanti inorganici era di 14 kg per ettaro di campo di mais, mentre nel 2021 è arrivato a 171 kg per ettaro.
Sebbene le aziende agricole considerino i fertilizzanti un input necessario, alcuni stakeholder ucraini, tra cui scienziati e piccoli agricoltori, lo vedono come eccessivo e insostenibile nel lungo termine (Galperina). Già nel 2012, un proprietario di un’azienda agricola familiare aveva espresso questa preoccupazione: “Non coltivo mais perché impoverisce il terreno. Dopo averlo coltivato, il terreno non è più fertile. Sono specializzato nel grano saraceno. Quando coltivi il mais, applichi molti fertilizzanti azotati, erbicidi, pesticidi, quindi l’anno dopo non puoi seminare grano saraceno lì. Le api non verranno in un campo del genere. Sanno che quel campo è avvelenato. Il terreno è morto. […] Le grandi aziende inondano il terreno con sostanze chimiche, senza preoccuparsi del terreno. Usano così tante sostanze chimiche che inquinano le falde acquifere.”
Insediamento di Bayer/Monsanto in Ucraina
Monsanto ha iniziato le sue attività in Ucraina nel 1992, poco dopo l’indipendenza del paese. Negli anni, l’azienda ha ampliato la sua presenza, raddoppiando il personale negli ultimi tre anni.
Nel marzo 2014, Monsanto ha annunciato un investimento di 140 milioni di dollari per la costruzione di un nuovo impianto di produzione di sementi in Ucraina. Nel 2018, Monsanto è stata acquisita dalla multinazionale tedesca Bayer, che ha integrato le attività di Monsanto nelle proprie operazioni globali.
È importante notare che, all’epoca, secondo la legislazione ucraina, gli stranieri e le persone giuridiche registrate in Ucraina con beneficiari finali stranieri non potevano acquistare terreni agricoli. Pertanto, le attività di aziende come Monsanto/Bayer in Ucraina si concentrano principalmente sulla produzione e vendita di sementi, pesticidi e altri input agricoli, nonché su investimenti in infrastrutture e logistica.
La Monsanto Seeds LLC di Bayer è attualmente la più grande fabbrica di produzione di semi in Ucraina. Sebbene Monsanto sia stata criticata a livello globale per aver promosso un modello di agricoltura basato “sull’uso su larga scala di agrochimici pericolosi nell’agricoltura industriale e sull’ingegneria, produzione, introduzione e rilascio di colture geneticamente modificate” (Monsanto Tribunal), in Ucraina è stata generalmente apprezzata come un contributore chiave alla ripresa rurale.
L’impianto di Monsanto è stato progettato per produrre fino a 875.000 unità di semina di semi di mais DEKALB all’anno per circa 2.500 clienti in Ucraina. Con lo scoppio della guerra, Monsanto non è stata in grado di interrompere la sua produzione, non ha potuto conservare i semi per lunghi periodi e non è stata in grado di esportarli in grandi quantità. La distribuzione gratuita dei suoi semi è stata l’unica soluzione, che è servita non solo come atto di beneficenza, ma anche come un modo per pubblicizzare i prodotti a potenziali nuovi clienti. Sono stati anche casi in cui Monsanto ha fornito semi con prestiti senza interessi: forniva i semi e poi acquistava il prodotto finito (grano) dagli agricoltori a prezzi determinati.
La vera invasione in Ucraina
Esiste una seconda invasione che si è abbattuta sull’Ucraina, meno visibile e spesso trascurata dai principali canali di informazione: l’operato della grande finanza internazionale.
Un aiuto da BlackRock e dal Fondo Monetario Internazionale
Zelensky ha nominato un gruppo di manager legati a BlackRock come consiglieri del Ministero dell’Economia. Ha incontrato l’amministratore delegato, Laurence Fink, che ha lanciato il Fondo di Sviluppo dell’Ucraina (UDF). Ulteriori aiuti e consulenze sono arrivati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), con finanziamenti di miliardi di dollari in cambio di una “significativa accelerazione delle riforme strutturali necessarie” e la creazione di un “mercato trasparente per le terre a uso agricolo”. Di conseguenza, il governo di Kiev ha rimosso il bando alla vendita di terreni, completando la liberalizzazione il 1º gennaio 2024.
Il divieto durava da 20 anni e mirava a proteggere un asset fondamentale del paese: la terra fertile, teoricamente destinata a essere distribuita tra piccoli e medi proprietari. Le aziende possono ora acquistare terreni, avendo ottenuto il permesso. Prima, potevano solo affittare terreni privati, ma ora la liberalizzazione, tanto apprezzata da FMI e BlackRock, è legalmente realizzabile.
Non sono mancate le critiche alle riforme di libero mercato. Prima che Zelensky le implementasse, queste sono state osteggiate a lungo, ritenute un grimaldello con cui gli oligarchi possono facilmente accumulare ancora più terra, mentre “investitori” stranieri ottengono il controllo diretto dei patrimoni nazionali. Politici ucraini e agricoltori stessi hanno denunciato, senza successo, un paradosso fondamentale: da un lato, i piccoli agricoltori non riescono ad acquistare nuove terre, e dall’altro sono costretti a disfarsi di quelle che possiedono per sopravvivere nelle attuali condizioni.
L’anno scorso, il giornalista argentino Alejandro Marcó del Pont ha illustrato questa situazione, sottolineando che il settore agroalimentare ucraino viene svenduto alle multinazionali. Anche l’Oakland Institute ha affrontato il tema nel suo rapporto “Guerra e ruberie: la presa del controllo dei terreni agricoli ucraini”, analizzando gli interessi legati alle terre coltivabili e come queste stiano cambiando mano grazie alle riforme agrarie “suggerite” dall’FMI e da BlackRock.
Negli ultimi mesi, i creditori internazionali stanno pressando l’Ucraina verso la bancarotta. Sembra che la loro pazienza sia finita, oppure avvertono il bisogno di ottenere il massimo possibile prima che sia troppo tardi. Zelensky, da parte sua, li sta accontentando come può, procedendo con la liberalizzazione definitiva del mercato terriero e ignorando le critiche interne.
I finanziatori di Kiev rivogliono i loro soldi
I finanziatori di Kiev, tra cui il grande investitore americano Blackrock, (il più grande fondo di investimenti al mondo) il francese Amundi e l’investitore internazionale britannico Amia Capital, rivogliono i loro soldi indietro.
Frederic Mousseau, economista dell’Auckland Institute, in un commento per il Berliner Zeitung, fa riferimento ai programmi di privatizzazione delle terre ucraine avviati prima dell’operazione militare speciale, dai quali hanno tratto notevoli benefici gli oligarchi ucraini e i fondi di investimento internazionali che li controllano.
Mousseau sostiene che, con il protrarsi del conflitto, fondi come Blackrock cercheranno di aumentare il loro controllo sul “granaio d’Europa”. Prevede che, oltre alle condizioni di rifinanziamento, a Kiev verranno imposti nuovi “programmi di aggiustamento strutturale” nel settore agricolo, che avvantaggeranno esclusivamente gli oligarchi e gli investitori occidentali.
Ora, direttamente o indirettamente, l’elenco delle attività ucraine del più grande fondo di investimenti al mondo comprende titoli di società quali Metinvest, DTEK (energia), PrJSC MHP (agricoltura), Naftogaz, Ferrovie ucraine, Ukravtodor, Ukrenergo. Stando a LandMatrix, a maggio 2022, 17 milioni di ettari di terreno agricolo (su 40 designati nella banca fondiaria) erano già di proprietà di Cargill, Dupont e Monsanto.
In precedenza, una coalizione di investitori, con il supporto, appunto, di BlackRock e JPMorgan, aveva previsto di mettere insieme 15 miliardi di dollari in aiuti per la ricostruzione dell’Ucraina, che avrebbe un costo totale, secondo la Banca Mondiale, pari a quasi 500 miliardi di dollari.
Curioso, dunque, come i fautori del nuovo piano Marshall per risollevare il Paese dalle macerie e ricomprare a prezzi stracciati tutto il patrimonio produttivo, siano coloro che maggiormente traggono profitto dal prolungamento del conflitto a tempo indeterminato.
A detenere le maggiori quote societarie delle principali industrie belliche, sono sempre loro: i grandi fondi di investimento:
State Street possiede il 15% di Lockheed Martin, il 9% di Raytheon o il 3,6% di Genarl Dynamics. Segue Vanguard che detiene l’8% di Northrop Grumman, il 9% di Lockheed Martin o l’8,1% di Boeing. E poi arriviamo ovviamente a Blackrock, titolare del 6,8% di Lockheed Martin, il 6,5% di Raytheon, il 4,7% di General Dynamics o il 4% di Bae Systems.
Secondo le analisi di Mediobanca nei primi tre mesi del 2024, i titoli del settore bellico hanno registrato un incremento del 22%, un valore triplo rispetto all’indice azionario globale, mentre ricavi dei produttori di armi nel primo trimestre di quest’anno segnano un +8,2%.
I signori della guerra e della grande finanza internazionale si stanno sfregano le mani: possono aumentare i loro asset più redditizi con una guerra fino all’ultimo ucraino e nel frattempo divorare un Paese ormai agonizzante sotto la morsa di un debito inesigibile. Un conflitto sanguinoso che ha già dei vincitori, ma non sono ne Russi ne Ucraini.
La sicurezza alimentare diventerà sempre più illusoria
Mentre l’Europa fatica ancora a risolvere la controversia sul glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo che una nuova e ancor più allarmante minaccia si profila all’orizzonte: i cereali ucraini contaminati da micotossine e radiazioni provenienti dall’uranio impoverito. Questa situazione mette in luce come le sfide per la sicurezza alimentare nel continente stiano rapidamente aumentando e intensificandosi.
Il caso del glifosato rimane emblematico di come, anche di fronte a preoccupazioni significative per la salute pubblica, il processo decisionale europeo possa essere lento e controverso. Infatti:
1. Nel 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il glifosato come “probabilmente cancerogeno” (categoria 2A).
2. Nel 2019 una metanalisi ha rivelato un aumento del 41% del rischio di linfoma non-Hodgkin tra gli agricoltori e i lavoratori esposti al glifosato. “Meta-Analysis Mutat Res Rev Mutat Res. 2019 Jul-Sep:781:186-206.doi: 10.1016/j.mrrev.2019.02.001”
3. Nel 2022 viene dimostrato che è inequivocabile che l’esposizione al glifosato produce importanti alterazioni delle strutture e funzioni del sistema nervoso degli esseri umani. “Int J Mol Sci. 2022 21 aprile;23(9):4605. doi: 10.3390/ijms23094605“
4. Nel 2024 Studi dimostrano che il glifosato influenza negativamente il microbiota intestinale umano e agisce come interferente endocrino, disturbando il funzionamento ormonale. “Ecotoxicology and Environmental Safety 2024; https://doi.org/10.1016/j.ecoenv.2024.115965“
Nonostante queste evidenze, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sostiene che, se usato correttamente, il glifosato non presenti rischi significativi per la salute umana. Il 16 novembre 2023, la Commissione Europea ha rinnovato l’autorizzazione per l’uso del glifosato per altri dieci anni, fino al 15 dicembre 2033. Questa decisione è stata presa in assenza di una maggioranza qualificata tra gli Stati membri, sia a favore che contro il rinnovo.
Tuttavia, mentre il dibattito sul glifosato continua, l’Europa si trova ora ad affrontare una minaccia potenzialmente più grave: la contaminazione radioattiva del grano importato dalle zone di conflitto in Ucraina. Questa nuova sfida sottolinea l’urgente necessità di riconsiderare non solo le politiche sui pesticidi, ma l’intera strategia di sicurezza alimentare dell’Unione Europea.
La guerra in Ucraina e la sicurezza alimentare
L’enorme contaminazione dell’uranio impoverito che ha trasmesso radioattività ai depositi di grano Ucraini, attraverso i bombardamenti che ogni giorno rilasciano uranio impoverito e altri metalli tossici nell’ambiente. le bombe certamente non si possono equipaggiare con tute di protezione al fine di proteggere il terreno e prevenirne la contaminazione. Terreno, quello ucraino, tra i più grandi produttori di grano e altri cereali. Solo nel periodo che va dal 24 febbraio al 15 marzo, la Russia ha lanciato oltre mille missili sul territorio ucraino.
La situazione in Ucraina, terzo esportatore mondiale di grano duro, solleva ulteriori preoccupazioni sulla sicurezza alimentare globale:
1. Attacchi russi hanno ripetutamente colpito infrastrutture agricole cruciali. Ad esempio, il 23 luglio 2023, missili russi hanno colpito i silos portuali di Odessa, poche ore dopo un accordo per riprendere le spedizioni di grano in tutto il mondo, due missili Kalibir hanno colpito i silos portuali nei quali, secondo i russi, gli ucraini nascondevano missili appena arrivati dagli Usa.
2. Il 27 luglio 2022 La notte del 27 luglio , nella regione di Zaporizhzhia, i lavoratori hanno dovuto setacciare centinaia di tonnellate di grano di colza per rimuovere detriti di guerra.
3. Il 6 agosto 2022, Sempre il 6 agosto ,bombe russe nel sud dell’Ucraina hanno distrutto tremila tonnellate di grano, mentre 40 razzi sono caduti vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia.
Il rischio di contaminazione radioattiva dei cereali ucraini è una preoccupazione reale, considerando gli incidenti presso la centrale nucleare di Zaporizhzhia e le conseguenze a lungo termine del disastro di Chernobyl. È allarmante sapere che la morte di un soldato e il ricovero di altri 26 operai per esposizione alle radiazioni di Chernobyl, 36 anni dopo il disastro, siano stati causati dal movimento di mezzi pesanti militari attorno alla centrale, il quale ha sollevato polveri altamente contaminate.
- Zona 1: Aree pericolose, dove l’agricoltura è a rischio estremo;
- Zona 2: Aree ad alto rischio agricolo;
- Zona 3: Aree temporaneamente occupate;
- Zona 4: Aree condizionalmente sicure.
Fonte: Applying GIS in Strategic Environmental Assessment of Land Management Documentation in Ukraine; International Conference of Young Professionals «GeoTerrace-2023»
Inoltre, dopo l’invasione, i porti ucraini sono stati bloccati, causando ritardi nella raccolta e nell’esportazione dei prodotti, aumentando i rischi di contaminazione da micotossine e deterioramento complessivo del raccolto.Viktor Galich, un agricoltore proprietario di una grande azienda agricola di 200 ettari che coltiva soia, girasoli, mais e ortaggi, descrive le difficoltà del raccolto autunnale e le perdite previste:
Abbiamo iniziato a raccogliere 10 giorni fa, ma il meteo non ce lo ha permesso prima; l’umidità era del 19-20%. Il 14 dicembre sono caduti 15 cm di neve, quindi la raccolta per noi è finita. Ora dobbiamo aspettare la primavera. […] Stiamo affrontando gravi perdite. L’anno scorso abbiamo venduto il mais a 5,5-6 mila grivnie a tonnellata, e ora il prezzo è di 2,7 mila grivnie a tonnellata, ma anche a questo prezzo non riusciamo a vendere. L’elettricità viene costantemente interrotta, a volte è accesa solo per 2-4 ore al giorno. Non abbiamo modo di vagliare e asciugare correttamente il mais. Di conseguenza, a causa dell’umidità, ogni terzo o quarto vagone esce dall’elevatore con muffa e funghi sul mais. […] Nessuno pagherà più di 650-700 grivnie a tonnellata per questo tipo di mais. Il nostro affitto è più alto di questo, e dobbiamo ancora rimborsare il credito per una mietitrice recentemente acquistata. […] Inizieremo la raccolta ad aprile, ma è difficile dire in che condizioni sarà il mais in quel periodo.
È folle che Unione europea e governi italiani ‘europeisti’ abbiano costretto gli agricoltori del sud Italia e della Sicilia ad abbandonare circa 600 mila ettari di seminativi (regime agronomico Set-Aside) per fare arrivare il grano duro canadese e ucraino, perché così conveniva all’industria della pasta!
Tuttavia oggi, con la guerra in Ucraina e i cambiamenti climatici, l’ Ue cambia di nuovo politica agraria e vorrebbe che i seminativi che ha fatto abbandonare venissero di nuovo coltivati.
È possibile oggi garantire una reale sicurezza alimentare?
Come possiamo riconoscere le frodi alimentari? Il cibo che consumiamo è autentico? Le etichette riportano informazioni veritiere? Possiamo fidarci di ciò che mettiamo nel piatto?
Queste domande, che molti di noi si pongono durante la spesa e i pasti, richiedono risposte certe. L’ansia di incorrere in frodi alimentari inattese è sempre presente.
Sicurezza Alimentare: +75% allarmi alimentari dai cibi stranieri nel 2024
Nel 2024, stiamo assistendo a più di un allerta alimentare al giorno riguardante prodotti importati in Italia, con un aumento del 75% rispetto allo stesso periodo del 2023. Gli allarmi riguardano principalmente prodotti contaminati da metalli pesanti, pesticidi oltre i limiti consentiti, sostanze vietate in Europa e la presenza di batteri. Questo è quanto emerge dall’analisi di Coldiretti, basata su dati del Rasff, il sistema europeo di allerta rapido, e diffusa in occasione della Giornata per la sicurezza alimentare indetta dall’Onu il 7 giugno. L’obiettivo è accrescere la consapevolezza sull’importanza della sicurezza sanitaria degli alimenti per tutelare la salute della popolazione.
La contaminazione chimica degli alimenti può verificarsi in ogni fase della filiera produttiva e può presentarsi in diverse forme:
- Naturale
- Intenzionale
- Involontaria
- Ambientale
- Durante il processo di produzione
Considerando la gravità di potenziali contaminazioni, non è più sufficiente basare la sicurezza alimentare su un modello di autocontrollo come l’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point), dove il consumatore deve riporre fiducia nella buona fede del produttore. È necessario un metodo che possa fornire una ragionevole certezza sulla sicurezza alimentare.
Io personalmente mi sono sempre impegnato nella creazione di nuovi modelli di controllo basati su analisi multiresiduali lungo tutta la filiera produttiva. Un esempio pionieristico è rappresentato dalla Swiss Natural Med, con la sua linea di alimenti funzionali denominata ANTIKI e i suoi integratori naturali. Con questi modelli, speriamo di ispirare sempre più produttori a seguirne l’esempio. Siamo in grado di condurre analisi complesse di oltre 900 principi attivi con una sola estrazione, utilizzando metodi validati a livello internazionale, realizzati da laboratori indipendenti accreditati secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025. Tra le tecniche strumentali utilizzate, troviamo la gascromatografia e la cromatografia liquida con rivelatori di massa, che ci permettono di rilevare concentrazioni molto basse di principi attivi nelle matrici analizzate.
Riteniamo che questo modello debba diventare uno standard, poiché il cibo sta diventando il principale fattore scatenante di molte malattie. Pertanto, è fondamentale affrontare questo problema per risolvere le numerose patologie degenerative che stanno assumendo proporzioni epidemiche.
Riferimenti:
- Queen of the fields in wartime: What can Ukrainian corn tell us about the resilience of the global food system? The Journal of Peasant Studies 2023; https://doi.org/10.1080/03066150.2023.2
- Agricultural Land Market in Ukraine: Challenges of Trade Liberalization and Future Land Policy Reforms; Land 2024, 13(3), 338; https://doi.org/10.3390/land13030338