Glaciazione demografica
L’inverno demografico” è un termine utilizzato per descrivere una situazione in cui il tasso di natalità di una popolazione è così basso che non riesce a mantenere il suo livello di popolazione nel tempo. Questo fenomeno è caratterizzato da un declino significativo nelle nascite, causato sopratutto da un tasso d’infertilità sempre maggiore e da un aumento della popolazione anziana, portando a un invecchiamento generale della popolazione e a un crescente squilibrio demografico.
Recentemente, alcuni sociologi e demografi hanno iniziato a utilizzare il termine “glaciazione demografica” per descrivere questo fenomeno. Mentre “inverno demografico” potrebbe suggerire un periodo transitorio, la “glaciazione demografica” indica un trend più persistente e potenzialmente irreversibile. Questo termine sottolinea una situazione in cui il declino demografico non solo persiste, ma peggiora progressivamente, similmente all’inevitabilità e alla gravità di una glaciazione.
Alcuni dei principali fattori che contribuiscono all’inverno o glaciazione demografica includono:
1. Basso tasso di natalità: Molte società sviluppate registrano tassi di natalità ben al di sotto del livello di sostituzione, generalmente considerato 2,1 figli per donna.
2. Aumento dell’aspettativa di vita: Le persone vivono più a lungo, il che aumenta la proporzione della popolazione anziana.
3. Cambiamenti sociali ed economici: Le coppie spesso scelgono di avere meno figli per ragioni economiche, di carriera o stile di vita.
4. Ritardo nel matrimonio e nella maternità: Le persone tendono a sposarsi e a avere figli più tardi nella vita, il che può ridurre il numero complessivo di figli che una coppia ha.
Le conseguenze di una glaciazione demografica possono essere ampie e significative:
Carico sugli attivi: Un numero sempre minore di giovani deve sostenere un numero crescente di anziani attraverso contributi previdenziali e assistenza sanitaria.
Declino economico: Una popolazione in declino può portare a una forza lavoro ridotta e a una minore domanda economica.
Erosione del welfare: I sistemi di welfare possono diventare insostenibili se la base di contribuenti si riduce mentre le esigenze della popolazione anziana aumentano.
Impatto culturale e sociale: I cambiamenti demografici possono influenzare le strutture familiari, le comunità e le dinamiche sociali.
Per cercare di mitigare gli effetti negativi di questo fenomeno, alcuni paesi stanno adottando politiche che incentivano la natalità, come sussidi per le famiglie, congedi parentali estesi e supporti per l’infanzia. È importante anche rafforzare le leggi e i regolamenti che tutelano la salute pubblica attraverso il cibo, promuovendo un alimentazione sana e sostenibile.
Culle vuote, ospizi pieni. Se volete verificare le cifre, basta consultare i siti demografici ufficiali svizzeri ed esteri.
Il numero di nascite diminuisce, mentre aumenta quello degli anziani: l’Europa è diventata un “paese per vecchi”. Questo significa che un numero sempre minore di giovani dovrà lavorare di più per mantenere un numero sempre maggiore di anziani.
Per fortuna, ci sono gli stranieri che supportano la natalità rispetto alla scarsa fecondità delle popolazioni native; tuttavia, come si evince dal grafico, anche per loro il trend negativo non diverge significativamente dal nostro.
Infertilità: Soluzioni Alimentari
L’infertilità è una malattia che interessa sia l’apparato riproduttivo maschile che quello femminile. Si definisce come il mancato raggiungimento di una gravidanza clinica nell’arco di 12 o più mesi nonostante rapporti sessuali regolari e non protetti.
Si stima che il 15% delle coppie in età riproduttiva nel mondo abbia difficoltà a rimanere incinta, equivalenti ad almeno 48,5 milioni di coppie. Questo problema sanitario globale colpisce il 20-30% della popolazione femminile in età riproduttiva, mentre solo circa il 7% degli uomini nel mondo soffrono di infertilità maschile. Nel 20% delle coppie che non riescono a concepire, il problema colpisce sia le donne che gli uomini.
L’infertilità può essere devastante per le coppie, con un aumento del rischio di stress, ansia e depressione. Per affrontare questa sfida, la ricerca si è concentrata su vari fattori legati allo stile di vita che possono favorire la fertilità, tra cui una dieta bilanciata.
La nutrizione può avere un effetto negativo o positivo sulla fertilità sia delle donne che degli uomini, a seconda delle proprietà quantitative e qualitative della dieta, come il contenuto calorico dei macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) e i profili specifici degli acidi grassi, delle proteine e dei carboidrati.
Il modello dietetico mediterraneo è riconosciuto come particolarmente favorevole alla fertilità.
Le prove scientifiche suggeriscono che un maggiore consumo di proteine vegetali, ricche di antiossidanti, fibre e carboidrati a basso indice glicemico, ha un effetto positivo sulla fertilità. Inoltre, un modello nutrizionale a base vegetale può apportare benefici significativi.
Il numero di persone che seguono una dieta a base vegetale è aumentato significativamente negli ultimi anni. Questo interesse crescente è dovuto ai numerosi studi che dimostrano gli effetti benefici di una dieta a base vegetale ben pianificata, tra cui la riduzione del rischio di diabete, malattie cardiovascolari, miglior controllo del peso, e minor rischio di depressione.
Grasso in eccesso e infertilità
Un indice di massa corporea (BMI) troppo basso o troppo alto può influenzare negativamente la fertilità. La malnutrizione e lo squilibrio ormonale associati a un BMI basso possono aumentare il rischio di problemi di fertilità sia negli uomini che nelle donne. Allo stesso modo, sovrappeso e obesità possono compromettere la funzione riproduttiva.
L’obesità, in particolare, è associata a resistenza all’insulina e disfunzione endocrina, situazioni che influenzano negativamente l’ovulazione nelle donne e la qualità dello sperma negli uomini. È importante ricordare che l’indice di massa corporea (BMI) può portare ad una classificazione errata. Infatti, la stratificazione di donne e uomini con un peso normale ma con una massa grassa in eccesso è rilevante. Per valutare la composizione corporea, è possibile utilizzare strumenti come la bioimpedenziometria, la plicometria, la DEXA o nuove tecnologie come la Digital Image Plethysmographic. L’obesità è definita come un eccesso di grasso corporeo che supera il 35% per le donne e il 30% per gli uomini. In base a questa definizione, circa l’80% della popolazione mondiale è obesa.
Sindrome dell’ovaio policistico e infertilità
Tuttavia, la causa più comune di infertilità femminile è la disfunzione ovulatoria, che rappresenta circa il 25% delle diagnosi di infertilità. Il 70% delle donne che non sono in grado di ovulare soffre di PCOS (sindrome dell’ovaio policistico). Le donne affette da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) mostrano un aumento dei marcatori infiammatori, insieme ad un aumento dei livelli di proteina C- reattiva (CRP), IL-18, TNF-α, IL-6, conta dei globuli bianchi (WBC), proteina-1 chemiotattica monocitaria (MCP-1) e proteina-1α infiammatoria dei macrofagi (MIP-1α)
La ricerca ha dimostrato che l’obesità addominale è un sintomo comune della sindrome dell’ovaio policistico PCOS, e il tessuto adiposo in eccesso ha effetti sfavorevoli sul sistema endocrino, influenzando negativamente lo sviluppo del follicolo. Esiste un forte legame tra resistenza all’insulina, iperinsulinemia e infertilità nei pazienti con PCOS. La resistenza all’insulina può causare disturbi dell’ovulazione e anomalie nella struttura endometriale.
Importante è sottolineare che le donne con PCOS sono a maggior rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, indipendentemente dall’età e dal BMI. Con l’aumento dell’obesità, l’incidenza del diabete di tipo 2 sale significativamente; tuttavia, anche le donne magre con PCOS hanno un rischio relativo elevato. L’accresciuto tasso di obesità tra le donne in età riproduttiva rappresenta un ostacolo alla gravidanza, aumentandone il rischio di aborto spontaneo, di esiti negativi durante la gravidanza e di compromissione del benessere fetale.
Inoltre, le donne con eccesso di peso corporeo spesso soffrono di mestruazioni irregolari, disturbi dell’ovulazione, patologie endometriali e infertilità. Le donne obese hanno più del doppio del rischio di infertilità dovuta a disturbi dell’ovulazione rispetto alle donne di peso normale. Analogamente, negli uomini con grasso corporeo in eccesso, lo squilibrio ormonale può compromettere la qualità dello sperma.
L’obesità interferisce con il potenziale riproduttivo attraverso cambiamenti nell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (HPG), la compromissione della steroidogenesi testicolare e vari disturbi metabolici, inclusi insulina, citochine e adipochine. Un eccesso di grasso corporeo influisce negativamente sui parametri dello sperma – concentrazione, mobilità, vitalità e morfologia normali.
Disordini metabolici come l’obesità, il diabete di tipo 2 e la resistenza all’insulina sono associati al deterioramento della fertilità principalmente a causa dello stress ossidativo, che riduce la qualità dello sperma e aumenta il rischio di infertilità e disturbi ormonali. Inoltre, l’iperglicemia ha un impatto negativo sulla motilità degli spermatozoi e sul processo di fecondazione.
È risaputo che fino al 90% delle cause di infertilità maschile sono dovute a un basso numero di spermatozoi, a bassa qualità dello sperma, o a entrambi. Negli ultimi 50 anni, la concentrazione di spermatozoi negli uomini in Europa è diminuita del 32,5%. Recenti ricerche mostrano che la nutrizione è uno dei principali fattori che influenzano direttamente la qualità dello sperma, rendendo lo stile di vita fondamentale per mantenere la normale capacità riproduttiva.
Riconoscendo che l’obesità è un fattore dannoso per la riproduzione maschile, molti ricercatori hanno focalizzato l’attenzione sugli effetti della perdita di peso sulla qualità dello sperma attraverso interventi nutrizionali. Alcuni suggeriscono che la riduzione del peso dovrebbe essere utilizzata come trattamento per l’infertilità nelle persone obese.
Nelle donne in sovrappeso prima del concepimento, la perdita di peso è cruciale per il successo del concepimento poiché regola l’equilibrio ormonale e induce l’ovulazione spontanea.
Modelli dietetici e infertilità
È stato dimostrato che lo stile di vita delle donne fertili rispetto a quelle infertili differiva soprattutto in termini di alimentazione e attività fisica. I modelli alimentari possono influenzare significativamente la fertilità.
La dieta occidentale, caratterizzata da un elevato consumo di zuccheri raffinati, grassi saturi, e proteine animali, è associata negativamente alla fertilità. Al contrario, la dieta mediterranea, caratterizzata da un elevato consumo di alimenti di origine vegetale (verdure, legumi, frutta, noci, cereali e semi), pesci grassi di acqua salata, cereali integrali con un basso consumo di alimenti ricchi di zuccheri semplici (dolci) e carni rosse. L’olio di oliva extravergine ad alto contenuto di polifenoli è la principale fonte di grassi e il consumo di alcol dovrebbe essere moderato.
Nelle donne in età fertile, la dieta mediterranea sembra ridurre il rischio di aumento di peso e di resistenza all’insulina, che può aumentare la probabilità di gravidanza. Ciò è dovuto al fatto che l’insulina influisce direttamente sulla funzione delle ovaie.
L’iperinsulinemia è fortemente correlata all’iperandrogenismo, che inoltre aggrava i disturbi endocrini nelle donne e contribuisce alle difficoltà di concepimento. In parole semplici, livelli troppo alti di insulina nel sangue sono strettamente legati all’eccesso di ormoni maschili e peggiorano i problemi ormonali nelle donne, rendendo più difficile concepire un bambino.
L’incapacità di ovulare correttamente è stata correlata allo stress ossidativo. Per questo motivo, gli antiossidanti sembrano svolgere un ruolo importante in una strategia volta ad aumentare le probabilità di una sana ovulazione.
Latte e latticini e infertilità
La qualità dei prodotti lattiero-caseari, come latte e latticini, gioca un ruolo chiave nel contesto della salute riproduttiva. La preoccupazione principale riguardo al consumo di questi prodotti nei pazienti infertili è legata alla possibile contaminazione da ormoni steroidei, fattori di crescita, pesticidi e sostanze chimiche che possono essere presenti nei latticini. Queste sostanze potrebbero influenzare le funzioni endocrine femminili e il processo di formazione dei follicoli.
Inoltre, l’effetto del consumo di latticini sulla salute riproduttiva può variare in base al tipo di prodotto. Ad esempio, l’assunzione di latticini grassi o prodotti fermentati arricchiti con probiotici e vitamina D, come yogurt e kefir, sembra offrire benefici alle donne con sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) migliorando la sensibilità all’insulina e la tolleranza al glucosio. Al contrario, il consumo di latte scremato potrebbe essere associato a condizioni come l’acne, che è un sintomo comune della PCOS, probabilmente a causa della presenza di precursori degli androgeni.
Nonostante le varie implicazioni sulla fertilità e sulla salute riproduttiva legate al consumo di latticini, la qualità e il tipo di prodotto consumato possono influenzare i potenziali effetti positivi o negativi sulla salute riproduttiva. È importante considerare attentamente la qualità e la provenienza dei latticini nella valutazione della dieta di un paziente infertile, pur tenendo conto delle diverse implicazioni legate ai diversi tipi di latticini.
Nutrienti e infertilità maschile
l’infertilità maschile è spesso provocata da complicazioni nell’eiezione dello sperma, produzione di sperma, assenza o qualità inferiore di sperma, cinetica dello sperma e anomalie dello sperma.
Inoltre, un numero inferiore di spermatozoi è la causa più comune di infertilità, responsabile di circa il 15% di tutti i casi di infertilità maschile.
Negli uomini che visualizzano sperma di bassa qualità, gli integratori alimentari con micronutrienti e antiossidanti possono migliorare la superiorità, la motilità e la morfologia degli spermatozoi mitigando il deterioramento degli spermatozoi innescato dall’OS e migliorando la sintesi ormonale.
Grassi Alimentari e infertilità
La qualità degli acidi grassi consumati è cruciale per la fertilità. Gli acidi grassi trans (TFA) e saturi (SFA) hanno un impatto negativo sia sulla fertilità maschile che femminile. Al contrario, i PUFA (acidi grassi polinsaturi), specialmente gli omega-3, apportano benefici significativi alla riproduzione.
Alcuni studi dimostrano che bassi livelli di omega 3 possono essere associati all’infertilità maschile riducendo la qualità e la salute dello sperma. Gli omega 3 hanno una forte azione antiossidante contro la generazione di stress ossidativo.
Il ruolo degli omega3 (ω3FA) nel trattamento dell'infertilità maschile
L’assunzione alimentare di ω3FA può migliorare la difesa antiossidante, ridurre lo stress ossidativo e la βeta-ossidazione nei mitocondri degli spermatozoi, sostenere la membrana spermatica, ridurre l’obesità e migliorare la salute e la funzione degli spermatozoi, alleviando così l’infertilità maschile.
Inoltre, dai PUFA essenziali (acidi grassi polinsaturi) vengono biosintetizzati diversi mediatori lipidici come le resolvine, le protetine e le maresine. Queste molecole, conosciute come mediatori specializzati pro-risoluzione (SPM), sono fondamentali nel processo di risoluzione dell’infiammazione.
Questo concetto rappresenta un nuovo e promettente approccio terapeutico per condizioni come la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), l’endometriosi e alcune patologie legate alla gravidanza.
La variazione nei risultati osservati è spesso attribuibile alla diversa esposizione ai nutrienti e alla variabilità nell’utilizzo e nel metabolismo degli acidi grassi omega-3 tra gli individui. È cruciale mantenere sotto controllo il rapporto tra gli acidi grassi omega-3 e omega-6 poiché gli omega-6 competono con gli omega-3 per gli stessi enzimi coinvolti nei loro processi metabolici, influenzando l’equilibrio infiammatorio.
Il rapporto ideale raccomandato è di 4 a 1 o inferiore. Tuttavia, nelle attuali diete occidentali sono presenti quantità sbilanciate di PUFA omega-6, portando spesso a rapporti tra 10 a 1 e 50 a 1, che possono influenzare negativamente l’infiammazione nel corpo.
Uno studio in doppio cieco condotto da [ 55 ] ha chiarito che l’integrazione di 0,5-2 g/giorno di DHA presentava un notevole miglioramento della motilità degli spermatozoi e miglioramenti minori negli indici di stress ossidativo negli uomini infertili (uomini con astenozoospermia)
Vitamine del gruppo A e D nell’infertilità
In una ricerca condotta su 330 uomini affetti da infertilità, si è osservato che coloro che hanno ricevuto vitamina D (300.000 UI) e calcio (0,5 g al giorno) per un periodo di 5 mesi hanno mostrato un aumento delle gravidanze spontanee rispetto al gruppo non trattato. Inoltre, è emerso che i carotenoidi, componenti organici presenti in coloranti vegetali come giallo, rosso, arancione e rosa, fungono da precursori della vitamina A, con il retinolo come suo componente principale.
I carotenoidi agiscono come potenti antiossidanti per il mantenimento dell’integrità della membrana cellulare degli spermatozoi, essenziali per la loro funzionalità. È stato riscontrato che i carotenoidi sono coinvolti nello sviluppo e nella differenziazione degli spermatozoi durante il processo di spermatogenesi.
La carenza di carotenoidi può causare una riduzione della motilità e della funzionalità degli spermatozoi, contribuendo all’insorgenza dell’infertilità maschile. Infine, si ipotizza che il pretrattamento con astaxantina possa contribuire a ridurre l’infertilità maschile mitigando i problemi di fertilità derivanti dallo stress ossidativo.
Vitamine del gruppo B nell’infertilità
L’acido folico e il folato sono entrambe vitamine appartenenti al gruppo B, solubili in acqua, comunemente conosciute come vitamina B9. Sebbene i due termini siano spesso usati in modo intercambiabile, vi è una distinzione importante: l’acido folico fa riferimento alla forma sintetica introdotta negli integratori o negli alimenti arricchiti, mentre il folato si trova naturalmente in alimenti come verdure a foglia verde, germogli, frutta, legumi, semi e frattaglie.
Per certi contesti può essere più appropriato considerare l’integrazione del complesso vitaminico B anziché solo dell’acido folico, in particolare per individui con diete specifiche come vegetariani o vegani. Questo perché la vitamina B12 insieme alla B6 svolgono ruoli cruciali come substrati o cofattori nei cicli metabolici del folato e della metionina. Nel caso in cui i livelli di B12 siano bassi, potrebbe verificarsi ciò che viene definito “trappola del metil-folato”, portando a una diminuzione dei folati all’interno delle cellule.
In considerazione dello stato attuale in cui carenze di vitamine del gruppo B sono sempre più diffuse sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, potrebbe risultare utile valutare i polimorfismi genetici MTHFR insieme allo stato di vitamina B nel periodo preconcezionale.
Questo tipo di valutazione può individuare possibili carenze di micronutrienti e aiutare a pianificare un adeguato apporto di vitamine del gruppo B attraverso un integrazione mirata assieme a una dieta bilanciata ricca di alimenti come verdura cruda, frutta, crostacei, ecc.
È importante sottolineare che abitudini poco salutari come il fumo, il consumo eccessivo di caffè e alcol possono influire negativamente su questi processi e andrebbero presi in considerazione per garantire una salute ottimale.
Oligoelementi e infertilità
Gli oligoelementi sono minerali essenziali per il corretto funzionamento cellulare del nostro organismo, ma sono richiesti in quantità minime. Uno dei più diffusi è il selenio, seguito dallo zinco, un elemento vitale presente naturalmente negli alimenti e spesso integrato come supplemento alimentare a livello globale.
Lo zinco riveste un ruolo fondamentale nella sintesi del DNA e delle proteine, ha effetti immunomodulatori, favorisce lo sviluppo e la divisione cellulare. Inoltre, agisce come un potente antiossidante, contrastando lo stress ossidativo e proteggendo il sistema testicolare dalle aggressioni ambientali.
È importante notare che elevate dosi di zinco possono aumentare lo stress ossidativo, con conseguente disfunzione mitocondriale. Studi precedenti hanno stabilito una correlazione positiva tra bassi livelli di zinco nel plasma seminale di uomini infertili e la fertilità riscontrata in soggetti sani. Questo suggerisce che il trattamento con zinco possa giocare un ruolo cruciale nel trattamento dell’infertilità e della subfertilità.
Inoltre, l’integrazione di zinco è stata associata a un miglioramento significativo della qualità dello sperma nei pazienti affetti da infertilità maschile, confermando l’importanza di questo oligoelemento nella formazione del DNA degli spermatozoi.
CoQ10 e infertilità
Il CoQ10, parte essenziale della catena di trasporto degli elettroni coinvolta nella produzione di ATP tramite la respirazione cellulare aerobica, svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’energia cellulare. Grazie alle sue proprietà antiossidanti, il CoQ10 agisce come un efficace cacciatore di radicali liberi e stabilizzatore di membrana, prevenendo la perossidazione lipidica e proteggendo le cellule da danni ossidativi.
Studi condotti sull’uomo hanno evidenziato una stretta correlazione tra livelli elevati di CoQ10 nel plasma seminale e la salute degli spermatozoi, in particolare la loro motilità e quantità. È interessante notare che ridotti livelli di CoQ10 si associano spesso a una ridotta motilità degli spermatozoi in soggetti infertili. Inoltre, ricerche condotte da Balercia et al. e Kobori et al. hanno confermato che l’integrazione di CoQ10 ha migliorato significativamente le caratteristiche dello sperma in pazienti affetti da infertilità.
Ulteriori studi hanno dimostrato che l’aggiunta di CoQ10 in pazienti infertili ha portato a un miglioramento dello stato antiossidante e delle qualità dello sperma, suggerendo che il CoQ10 rappresenti un sicuro e efficace antiossidante che può migliorare la funzionalità degli spermatozoi in individui con problemi di fertilità.
Caffeina e infertilità
La caffeina, stimolante più diffuso al mondo presente nel caffè, tè, bibite e cioccolato, ha mostrato potenziali effetti sulla fertilità e sulla gravidanza. L’assunzione di caffeina può influenzare l’impianto dell’embrione e il concepimento riducendo i tassi di natalità vivi, anche in trattamenti di fecondazione in vitro.
Alcuni studi collegano il consumo di caffeina a gravidanze più lunghe e un aumento del rischio di mortalità fetale. Sebbene l’impatto del consumo moderato di caffeina sulla fertilità sia dibattuto, si consiglia alle donne in gravidanza o che cercano di concepire di limitarne l’assunzione a 200 mg al giorno, corrispondenti a 1-2 tazze.
Microbioma intestinale e infertilità
Il microbiota intestinale influisce sulla salute umana attraverso il mantenimento di uno stato chiamato “eubiosi”. Questo equilibrio impatta sull’integrità della barriera intestinale, prevenendo la permeazione di sostanze dannose nel corpo umano, contribuendo al metabolismo energetico, alla sintesi nutrizionale, al metabolismo del glucosio e dei lipidi, al senso di sazietà e alla regolazione della risposta immunitaria e infiammatoria.
La disbiosi, l’alterazione del microbiota, può portare a sindromi come l’intestino permeabile, causando infiammazioni croniche e coinvolgendo il tessuto linfatico associato alle mucose. Questo stato disbiotico è collegato a malattie intestinali infiammatorie come la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e altre patologie autoimmuni come le malattie tiroidee.
Emergenti prove rivelano che la composizione del microbiota intestinale è correlata alla fertilità femminile e alla salute riproduttiva. Condizioni come PCOS, resistenza all’insulina ed endometriosi sono aggravate dalla disbiosi, che può alterare il metabolismo degli estrogeni e contribuire all’infertilità. La valutazione della composizione microbica può essere utile nella diagnosticare l’infertilità e può essere corretta tramite strategie alimentari personalizzate o l’integrazione di probiotici.
AGEs e infertilità
La modalità di cottura degli alimenti è cruciale per i processi infiammatori. Metodi ad alta temperatura, come la grigliatura o la lavorazione termica industriale, possono produrre composti dannosi noti come prodotti finali della glicazione avanzata (AGE).
Gli AGE, sia endogeni che esogeni, accumulandosi nel corpo, possono contribuire a disfunzioni legate all’invecchiamento, complicanze diabetiche e a varie patologie, inclusi problemi riproduttivi femminili. Questi composti influenzano la funzione cellulare attraverso diversi meccanismi, tra cui la modificazione delle proteine e l’attivazione di processi infiammatori.
Gli AGE presenti negli alimenti possono sfuggire alla digestione e finire direttamente nell’intestino, influenzando il metabolismo del microbiota locale e l’infiammazione intestinale. Poiché gli alimenti occidentali spesso contengono AGE a causa di carboidrati raffinati e alimenti ultra-processati, è essenziale educare sui metodi corretti di cottura per ridurre l’infiammazione.
Negli ultimi anni, l’effetto dannoso degli AGE sulla fertilità femminile, soprattutto nel contesto della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), ha ricevuto maggiore attenzione. Ridurre l’esposizione agli AGE attraverso una corretta cottura e l’adozione di strategie alimentari antiossidanti e antinfiammatorie può essere utile per limitare i danni causati da questi composti.
Nano e Microparticelle di plastica
Le nanoplastiche (NP) rappresentano una nuova minaccia ambientale diffusa, caratterizzate da varie dimensioni che sollevano preoccupazioni riguardo alla loro tossicità. Recenti studi hanno evidenziato una potenziale tossicità delle nanoplastiche nei testicoli, ma la loro influenza sulla fertilità maschile, nonché un eventuale effetto legato alle dimensioni delle particelle, rimangono argomenti ambigui negli studi sui mammiferi.
Uno studio condotto su topi maschi, esposti per via orale a nanoplastiche di polistirene (PS-NP) di dimensioni di 25, 50 e 100 nm per 56 giorni, ha rivelato effetti significativi sulla fertilità maschile. Tutte e tre le dimensioni di PS-NP hanno determinato una riduzione della fertilità maschile, portando addirittura all’insorgenza dell’infertilità. Le nanoplastiche si sono accumulate nei testicoli, generando stress ossidativo, influenzando l’espressione genica legata all’apoptosi e all’infiammazione, e compromettendo il metabolismo energetico.
Dopo l’esposizione alle microparticelle di plastica, nei topi maschi si è osservata una diminuzione dei livelli sierici degli ormoni follicolo-stimolante (FSH), dell’ormone luteinizzante (LH) e del testosterone (T), insieme a un aumento dei livelli di estradiolo.
Al contrario, nei topi femmine si è verificato l’effetto opposto, con un aumento dei livelli di FSH e T e una diminuzione del livello di estradiolo.
Conclusione
Una dieta equilibrata e ben pianificata, basata su principi mediterranei o a base vegetale, può avere un impatto profondamente positivo sulla fertilità. Modelli alimentari equilibrati che evitano grassi trans e zuccheri raffinati e promuovono il consumo di frutta, verdura, legumi, cereali integrali e pesce sono associati a migliori esiti riproduttivi. La ricerca suggerisce che interventi dietetici appropriati possano sostenere la salute riproduttiva e migliorare le possibilità di concepimento per coppie che affrontano problemi di fertilità.
Riferimenti
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