La rivoluzione del glucosio, pregi e difetti del libro che ha stupito il mondo

Nel vasto universo letterario legato all’alimentazione, ogni tanto emerge un libro che va oltre le pagine per diventare un fenomeno globale. L’ascesa di un bestseller internazionale in questo campo rappresenta una combinazione affascinante di fattori: dall’abilità dell’autore nel presentare idee in modo coinvolgente, al gioco sottile tra titolo, copertina e promozione che cattura l’immaginazione del pubblico. In questo contesto, l’autore non solo si guadagna il plauso dei lettori, ma dimostra di aver intuito le sfumature di ciò che attrae e affascina. 

Tuttavia, dietro ogni successo letterario ci sono elementi concreti e approfondimenti che meritano una disamina obiettiva. Quindi, consideriamo questa recensione come un’analisi basata sull’evidenza, volta a esplorare il valore intrinseco e l’impatto di questo straordinario bestseller legato all’alimentazione, alla luce delle informazioni disponibili fino a oggi.

Riconsiderazione del titolo “La Rivoluzione del Glucosio”

Il primo incontro con un titolo può essere come un primo sguardo furtivo in un mondo sconosciuto, un’occhiata veloce che cerca di catturare l’attenzione e indurre a esplorare ulteriormente. Così, quando “La Rivoluzione del Glucosio” si dispiega sulla copertina, sembra quasi un richiamo avventuroso a un’esperienza nuova e inesplorata. Tuttavia, a un primo sguardo, la frase può sembrare un espediente di marketing, un’affermazione audace ma forse esagerata. Come può il glucosio, un elemento così familiare e studiato, essere oggetto di una rivoluzione? 

L’idea di rivoluzione spesso richiama immagini di ribellione, di rovesciamenti profondi e rapidi. Eppure, nell’ambito della nutrizione e del benessere, sembra che tutto sia stato già detto e fatto. O almeno così si pensa fino a quando ci si addentra nelle pagine di questo libro.

L’autrice non sembra rivoluzionare il concetto di glucosio in sé, bensì la nostra comprensione e consapevolezza ad esso collegataAttraverso una scrittura coinvolgente e incisiva, l’autrice conduce il lettore in un viaggio che va oltre la superficie delle conoscenze acquisite.

Ecco dove risiede la vera rivoluzione – nell’arte di comunicare e nell’abilità di far emergere concetti noti sotto una luce completamente diversa.

Le parole dell’autrice non cercano di stravolgere l’esistente, bensì di ridefinire il modo in cui lo vediamo. La promessa rivoluzionaria risiede nel fatto che, anche se le conoscenze di base potrebbero non essere nuove, la prospettiva, l’approccio e l’applicazione possono essere trasformative.

Così, mentre si prosegue nella lettura, il titolo “La Rivoluzione del Glucosio” inizia a trovare un senso. È come se l’autore stia dicendo: “Sì, conosciamo il glucosio, ma cosa possiamo fare con questa conoscenza? Come possiamo comunicare per attrarre?”

Il titolo, che inizialmente potrebbe sembrare un espediente di marketing, rivela gradualmente la sua profondità. Attraverso il potere delle parole e delle idee, ci invita a una riconsiderazione profonda e a dare una seconda occhiata a ciò che pensavamo di sapere. Ed è così che, man mano che il contenuto si insinua nella mente del lettore, il titolo stesso si sgancia dai cliché per diventare un canto di sfida e promessa, una chiave per aprire le porte di una prospettiva sorprendente.

Cosa mi ha colpito positivamente

Una serie di dati significativi emerge come fari sulla strada, catturando l’attenzione con forza. L’affermazione che solo il 12% degli statunitensi possiede un metabolismo sano è un campanello d’allarme che risuona attraverso le pagine. Questa statistica agisce come uno specchio che riflette l’impatto dell’attuale stile di vita su scala globale, spingendo il lettore a considerare le proprie abitudini con un occhio critico.

Mentre il glucosio è spesso considerato come un singolo elemento, l’autrice ci invita a considerare come la natura intreccia sapientemente elementi diversi per creare sinergie benefiche. Questo concetto apre una finestra sul concetto di equilibrio e sottolinea come la natura stessa ci offra soluzioni complete anziché singoli componenti isolati.

L’aneddoto sugli esperimenti con topi che preferiscono attivare i neuroni della dopamina piuttosto che soddisfare i bisogni di base, aggiunge uno strato intrigante alla narrativa. Questa rivelazione porta alla luce la complessità dei meccanismi di gratificazione e dei desideri umani, sfidandoci a considerare le dinamiche complesse che plasmano il nostro comportamento.

Riflettendo sulla storia dell’agricoltura umana e sul desiderio di rendere più dolci i frutti coltivati, l’autrice collega il passato con il presente. Questo collegamento non solo ci invita a considerare le nostre radici, ma mette in luce come il nostro desiderio di dolcezza sia stato un motore trainante dell’evoluzione umana, ricordando che anche la frutta e verdura di oggi non è uguale a quella di una volta.

Sottolinea come alcuni parametri che vengono ritenuti normali in realtà non potrebbero rifolettere ciò che è ottimale per il nostro benessere. Per esempio per il glucosio il valore ritenuto normale è 60-100mg/dL ma alcuni studi ritengono sia 30 mg/dL. 

Uno degli aspetti più interessanti che sottolinea questo libro a mio parere è la differenza tra picco glicemico creato da alimenti che contengono fruttosio e glucosio rispetto ad alimenti che contengono amido, in quanto esiste un picco di fruttosio che misurando il livello glicemico non viene rilevato, nonostante siano ancora peggio in termini di effetti collaterali a lungo termine. Per questo motivo i picchi glicemici creati dai biscotti che contengono saccarosio (glucosio+fruttosio) ci fanno invecchiare e ammalare più in fretta dei picchi originati da cibi ricchi di amido, come la pasta. (pag. 59 e 68). Il fruttosio non può essere trasformato in glicogeno muscolare quindi viene stoccato sotto forma di grasso.

Sottolineare che i picchi glicemici possano invecchiarci e farci ammalare più rapidamente stimola al lettore una riflessione più profonda sulle nostre scelte alimentari quotidiane.

Ricorda inoltre che quando le cellule sono esposte ad un eccesso di glucosio, si verificano rilasci di radicali liberi che danneggiano il DNA e le membrane cellulari. 

Un altro concetto che ho apprezzato è che non dovremmo arrabbiarci con il nostro corpo se accumula grasso, ma piuttosto ringraziarlo per il tentativo di proteggerci dallo stress ossidativo, dalla glicazione e dall’infiammazione.

Anche ricordare come il livello di glucosio post-prandiale incida con la corretta funzione dei vari sistemi di regolazione corporei, rende sicuramente l’idea di quanto sia importante affrontare l’argomento in modo sistemico, questi 10 punti principali le permettono di attrarre l’attenzione:

  1. La fame nervosa avviene in soggetti con glicemia irregolare. 
  2. Dopo un picco glicemico, il sistema immunitario è temporaneamente compromesso. 
  3. Vampate di calore e sudorazione notturna, sebbene comuni durante la menopausa, sono più frequenti tra le donne con alti livelli di glicemia e insulina. 
  4. I picchi glicemici influenzano la memoria e le funzioni cognitive, tanto che l’Alzheimer è talvolta chiamato diabete di tipo 3. 
  5. Livelli di digiuno superiori a 100 mg/dL comporta più del doppio delle probabilità di morire per un tumore. 
  6. Livelli irregolari di glucosio sono associati a un umore peggiore, sintomi depressivi e un generale malessere. 
  7. Una glicemia costante riduce il bruciore di stomaco e il reflusso gastrico. 
  8. Quando l’insulina è troppo alta, il fegato produce colesterolo LDL di tipo B, un tipo di colesterolo piccolo e denso che tende ad accumularsi sulle pareti dei vasi sanguigni, dove è più facile che si blocchi. 
  9. È importante analizzare il rapporto tra trigliceridi/HDL, che rivelano la presenza di LDL di tipo B (il valore dovrebbe essere inferiore a 2), così come la proteina C-reattiva. 
  10. La glicemia irregolare è associata all’infertilità.

L’autrice attinge a dati, studi e connessioni intriganti per plasmare una narrazione che mette in discussione le convenzioni e spinge i lettori a considerare il mondo del glucosio in modo nuovo e sorprendente, quindi fino alla pagina 93 posso solo complimentarmi con Jessie Inchauspé per l’ottimo lavoro eseguito in termini di divulgazione, di conseguenza consiglio a tutti la lettura ma solo le prima cento pagine.

Cosa mi ha colpito negativamente

Fino a quando si parla di glucosio, glicemia ed effetti negativi derivanti da un loro squilibrio, il testo risulta coerente. Tuttavia, quando si inizia a fornire consigli su come appiattire la curva del glucosio, emergono alcune lacune dell’autrice riguardo alla nutrizione avanzata di precisione e alla medicina sistemica. In particolare, vorrei fare riferimento al consiglio relativo all’ordine ottimale di introduzione degli alimenti, dove utilizza l’esempio del lavandino quando fa riferimento al processo che avviene nello stomaco. Tuttavia, l’esempio più appropriato sarebbe quello di una lavatrice, poiché il nostro stomaco continua a mescolare il cibo in modo simile a una lavatrice, quindi una visione semplicistica relativa a una stratificazione degli alimenti in base all’ordine con cui vengono ingeriti mi sembra a dir poco fuorviante nei confronti del lettore. Infatti l’ultima revisione che ha tenuto conto di tutti gli studi pubblicati riguardo a questa teoria, pubblicata di recente, conclude sostenendo che non esistono prove sull’efficacia di applicare un tipo specifico di sequenza alimentare per migliorare la glicemia post-prandiale nemmeno sul diabetico (Tipo 2).

Secondo i principi della nutrizione avanzata di precisione esiste una prospettiva diversa che sostiene il valore superiore della complessità della matrice alimentare, ricca di centinaia di migliaia di molecole bioattive, rispetto all’assunzione di singoli nutrienti isolati.

Consideriamo, ad esempio, il caso della frutta, che contiene fruttosio e glucosio, simili allo zucchero bianco (saccarosio). Tuttavia, la differenza sostanziale sta nella ricchezza della matrice della frutta, che comprende non solo zuccheri, ma anche fibre, aminoacidi, minerali, proteine e soprattutto polifenoli. Sorprendentemente, questi ultimi vengono ignorati nell’opera dell’autrice, Jessie Inchauspé.

I POLIFENOLI, i pigmenti che conferiscono colore alla frutta e alla verdura, hanno guadagnato un’ampia riconoscenza all’interno delle comunità scientifiche globali grazie al loro ruolo ben definito nel contribuire a mantenere stabile la glicemia. Tuttavia, sembra che questi importanti composti siano stati trascurati dall’autrice nel suo libro.

Altro aspetto ignorato riguarda la variazione nella risposta glicemica legata alla varietà con cui viene fatto un cibo classificato come carboidrato. Un esempio evidente è la pasta, un alimento comunemente associato al gruppo dei carboidrati. La risposta glicemica varia notevolmente in base alla varietà di pasta scelta. La pasta fatta con antiche varietà di grano duro, prive di manipolazioni genetiche artificiali che rendono il glutine resistente agli enzimi digestivi, mantengono bassa la glicemia post-prandiale, anche senza l’aggiunta di grassi e proteine.

Una delle affermazioni più inesatte che ho letto e che mi ha fatto rabbrividire si trova a pagina 146, dove l’autrice afferma: “Chiariamo subito un concetto: lo zucchero è zucchero, sono tutti uguali…🙈”. Tale concetto viene ulteriormente enfatizzato anche a pagina 163, con l’assertiva che tra miele e zucchero non vi sia alcuna differenza, così come tra zucchero a velo, zucchero di palma e sciroppo di agave. Tuttavia, oggi è innegabile che ci sia sostanziale evidenza in termini di pubblicazioni per capire che ogni dolcificante ha un impatto diverso sul sistema immuno-metabolico, e in molte circostanze, i loro effetti possono persino essere opposti.

Per esempio, il miele sembra avere un effetto positivo sul profilo lipidico, migliorando il colesterolo “cattivo” LDL, rispetto allo zucchero bianco (saccarosio), che ha l’effetto opposto. Questa affermazione è corroborata da uno studio randomizzato pubblicato su Clin. Nutr. ESPEN nel 2018, che ha evidenziato come il consumo di miele conduca a una riduzione del colesterolo LDL e a un aumento del colesterolo HDL “buono”, risultando così in un effetto contrario rispetto allo zucchero bianco. Il motivo oggi ci è chiaro, il miele è una formulazione magica ricchissima di micronutrienti benefici oltre a fruttosio e glucosio, questo eccezionale equilibrio è in grado di rendere questo alimento compatibile con il nostro sistema immuno-metabolico.

Ancora una volta, sulla pagina 171 del testo, l’autrice affronta la questione dei dolcificanti, distinguendo tra quelli raccomandati e quelli sconsigliati. Tuttavia, commette un grave errore nell’inclusione dell’eritritolo tra i dolcificanti consigliati e dello xilitolo tra quelli sconsigliati. L’autrice sostiene che lo xilitolo possa innescare un aumento dei livelli di insulina e glucosio, oltre a comportare altri potenziali problemi di salute, nulla di più sbagliato. È fondamentale chiarire questi errori dell’autrice, in quanto potrebbero generare non poca confusione tra i lettori.

L’eritritolo è attualmente sotto la lente di ingrandimento a causa delle preoccupazioni riguardo alla possibile relazione con un maggior rischio metabolico e cardiovascolare di chi ne fa uso regolare. Sono appena stati pubblicati due nuovi articoli che confermano tale evidenza da una delle riviste scientifiche più importanti al mondo “Nature Medicine 29,710-718 (2023) Witkowski, M. et al. The artificial sweetener erythritol and cardiovascular event risk”; The sugar-free paradox:cardiometabolic consequences of erythritol.

Inoltre sembrerebbe che l’uso prolungato di edulcoranti come questi può condurre a un fenomeno chiamato insulinoresistenza.

Ciò si verifica perché l’organismo rileva il sapore dolce, ma poiché non è presente il glucosio, si abitua a non produrre insulina per la sua elaborazione. Quando si reintroducono zuccheri tradizionali nell’alimentazione, il corpo potrebbe non riconoscerli come veri zuccheri e continuare a non produrre insulina, il che può portare a un’insulinoresistenza.

Lo Xilitolo invece, in contrasto con quanto affermato dall’autrice del bestseller, collocarlo tra i dolcificanti sconsigliati è considerato un grave errore dal mio punto di vista. I risultati della ricerca mostrano che gli enzimi chiave coinvolti nella digestione dello xilitolo da parte di diversi batteri possono sostenere la crescita della microecologia e aumentare la concentrazione di propionato, abbassando il pH per limitare la presenza di Escherichia e Stafilococco. Lo xilitolo è noto per legarsi all’ione calcio, favorendo la rimineralizzazione dello smalto dei denti e prevenendo l’osteoporosi. Ha anche dimostrato potenziali benefici nel trattamento di malattie del tratto respiratorio e dell’orecchio medio grazie alle sue proprietà antibatteriche e antinfiammatorie, e può essere utile contro malattie non trattabili con antibiotici o interventi chirurgici.

Inoltre, lo xilitolo può contribuire a ridurre la stitichezza, gestire il diabete e l’obesità, con un effetto stimolante sulla digestione e sul sistema immunitario. Tuttavia, è importante notare che un consumo eccessivo può causare effetti collaterali come la sindrome dell’intestino irritabile, la diarrea e la formazione di calcoli renali. Gli effetti positivi dello xilitolo sulla salute non si limitano all’igiene orale; contribuisce anche al sistema immunitario, al metabolismo dei lipidi e alla salute delle ossa, oltre a favorire il controllo glicemico e la gestione dell’obesità, riducendo le infezioni delle vie respiratorie e dell’orecchio. Rif. Microbiome. 2021 Mar 18;9(1):62.doi: 10.1186/s40168-021-01029-6. Xylitol enhances synthesis of propionate in the colon via cross-feeding of gut microbiota; Review Appl Microbiol Biotechnol. 2020 Sep;104(17):7225-7237.doi: 10.1007/s00253-020-10708-7. Epub 2020 Jul 7.Health benefits of xylitol

Inoltre sempre più studi raccolgono incoraggianti evidenze sull’azione antitumorale dello xilitolo per indurre la morte selettiva del cancro attraverso la regolazione del livello di glutatione.

Un’altro recente studio pubblicato su Nutrients: “2022 May 11. doi: Partial Substitution of Glucose with Xylitol Prolongs Survival and Suppresses Cell Proliferation and Glycolysis of Mice Bearing Orthotopic Xenograft of Oral Cancer” sostiene nelle conclusioni che dovrebbe essere un candidato sostituto dello zucchero da integrare nella dieta mediterranea per promuovere la sopravvivenza al cancro.  

Cercherò di sintetizzare gli ultimi 2 punti del libro che contengono degli errori evidenti:

1. L’affermazione “cucinare con grassi saturi che hanno meno probabilità di ossidarsi con il calore” è a dir poco discutibile, in quanto trascura il valore nutrizionale degli alimenti preparati con questi grassi saturi. È consigliabile invece utilizzare olio extravergine di oliva ad alto contenuto di polifenoli durante la cottura, poiché ha un elevato punto di fumo (oltre 220-260°C), prevenendo l’ossidazione. Questo tipo di olio migliora il valore nutrizionale degli alimenti rispetto ai grassi saturi suggeriti dall’autrice.

2. L’inclusione dei grassi polinsaturi tra i grassi “cattivi” insieme ai “trans” a pagina 231 sembra essere un indicazione fuorviante o un possibile errore. Speriamo che si tratti di un refuso, altrimenti rappresenterebbe una grave lacuna che non ci si aspetterebbe nemmeno da uno studente di nutrizione alle prime armi.

Autore dell'articolo:

Derry Procaccini

Derry Procaccini

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